BONTA’ VOSTRA

L’inconsapevole buonismo fatto apposta. E’ solo gentile concessione l’indifferente credibilità per quanti ostentano bontà estrema, esasperando slanci pietosi e false coscienze, pur di apparire ammirevoli dame di carità, spinte da quello spirito da crocerossina ch’entro ci rugge. O ci sfugge. Eh già, perché a volte sfugge proprio il senso della realtà. Trascinati dal cortese sentimentalismo nell’escalation dei più buoni del mondo. Stiracchiata ostentazione come elastici tesi fino allo scolorimento, che alla ritirata lasciano per strada scie a macchie di ipocrisia. Esiste un buonismo a tutti i costi di coloro che si affannano precipitevolissimevolmente nella corsa alla bontà d’animo, scavalcando rumorosamente quell’altruismo e solidarietà più veri di chi, silenzioso, paga pegno. Perché quando si aiuta qualcuno, si rinuncia alla gloria. E talvolta a un pezzetto di sé.  Chi aiuta perde qualcosa, ma arricchisce il cuore. Di chi soffre. La solidarietà a volte è nella semplicità dei gesti silenziosi che diventano eclatanti da sé, senza quella fastidiosa autocelebrazione.  Fa notizia la vicenda delle mamme nel ruolo di speciali baby sitter per la figlioletta dell’ambulante di colore sulla spiaggia di Trapani. “Cuore di mamma”, hanno detto. Aiuto incondizionato, invece. Talmente semplice e spontaneo che ci si chiede se sia davvero una novità e perché oggi faccia notizia quel buon vicinato stile anni Sessanta. Che all’epoca era prassi scontata. Buoni sono persone come i genitori che hanno dedicato la vita, lasciando anche il lavoro, al figlio in stato vegetativo per tre decenni, Ignazio Okamoto, morto nei giorni scorsi a 54 anni dopo 31 anni di coma, a causa di un incidente stradale nel Brennero nel 1988. Quel padre preoccupato per il futuro del figlio, per un “dopo di noi” che lo avrebbe visto solo e abbandonato. Genitori, verrebbe da commentare. Eroi che non hanno recriminato nulla, invece, andando avanti con quella grande forza che spinge coloro che affrontano tutti i santi giorni questi gravi problemi. Enormi. Perché questi sono i problemi. Buoni fatti a forza sono coloro che, alla notizia di un clochard che nella propria città dorme sotto i portici, parlano ore e ore sui social di cuore-sole-amore, additando questo e quello. Tutti bravi dal posto, insomma. Senza scendere in strada ad accertarsi se, avvolto nella coperta, respiri ancora. Perché il dire, purtroppo, prevale sul fare. E in mezzo non c’è nemmeno più il mare.  Se non lo dici, non sei buono. Come quando si postano le foto sul social. Una volta lessi che Ennio Flaiano riteneva che i turisti scattano foto per la certezza di aver vissuto. Ecco, la certezza di aver vissuto, come dire: se non lo esterni non lo hai fatto. “Siamo un po’ tutti voyeur. Irriducibili spie, smanie, segreti, bugie” secondo Renato Zero.  Buoni fatti apposta sono quelli che, con la scusa del volontariato, cincischiano a voce alta riempiendo solo la propria coscienza e allisciando il proprio ego, come se avessero salvato l’intera umanità solamente indossando una maglietta di appartenenza. Superman senza poteri. “Bontà vostra”, capiamoci: prezioso il volontariato, indispensabili l’altruismo e la solidarietà, ma la differenza è l’impegno per un sorriso e non la smania di borioso protagonismo sull’ orlo della mania che rischia il precipizio.“Anche la bontà” diceva Gaber “se è compiaciuta finta o addirittura interessata, non serve certo a procurarsi un posto in paradiso. Sono esigenti i guardiani del cielo, la sola moneta che vogliono, è l’amore”.  Buoni fatti a forza sono coloro che parlano di aiuti umanitari e di immigrazione dal divano di casa, ma, affacciati alla finestra, chiudono lo scuro di fronte all’uomo nero, al diverso che fa paura.  Ecco perché se un giovane di colore viene accoltellato, per motivi ancora sconosciuti, non diventa argomento di punta nei gruppi davanti al bar. E si lascia che il noioso mare della quotidianità inondi e sommerga, lasciando sulla cresta dell’onda pane e polemiche. Ci si parla addosso, confinati nella grettezza del nulla sotto il sole, in un crogiuolo di chiacchiere che si rincorrono e si perdono nel vento, mentre si fa a gara a chi sputa più lontano. Come ragazzini al lago, senza più   il vizio del pensiero. “Se c’è una strada sotto il mare” canta Fossati “prima o poi ci troverà se non c’è strada dentro al cuore degli altri prima o poi si traccerà”. (foto dal web)

Giuliana Susi