MAIORANO SMONTA MITI E LEGGENDE DEI “L’AQUILANI” CON LA STORIA
“Non è un libro contro L’Aquila, ma un’indagine giornalistica nel capoluogo abruzzese con cui ho scoperto errori, falsi miti; questo saggio è un atto d’amore per la città dell’Aquila e per gli aquilani, il cui passato risplende di luce propria e non ha bisogno di accreditarsi con miserevoli invenzioni, ma di solide realtà”. Lo ha precisato subito Fabio Maiorano, appassionato di storia e studioso di araldica, nel parlare del suo ultimo libro “Aquilani e L’Aquilani”, in cui si definisce “campanilista e ghibellino, l’uno per nascita, l’altro per eredità cromosomica e per scelta”, senza preoccuparsi delle “critiche velenose” o delle reazioni scomposte di quanti potrebbero considerare questo scritto “ignobile ventata antiaquilana”. Con la convinzione che “chi scrive di storia ha il dovere di riportare la verità”, Maiorano ha smontato falsi miti e leggende con la forza dei documenti storici e degli studi e trattati redatti dagli aquilani stessi, illustri storici e studiosi.
Il saggio è stato presentato ieri sera nella sede dell’Archivio di Stato di Sulmona, insieme al giornalista Franco Avallone, forse non a caso scelto come relatore, dato che agli aquilani non le ha mai mandate a dire. Prima l’introduzione da parte di Franco Cavallone, presidente dell’Accademia degli Agghiacciati, editore del libro, e di Domenico Taglieri, vicepresidente della Fondazione Carispaq, il quale ha evidenziato quel “continuo freno che viene tirato nei confronti di Sulmona”, poi si è passati al contenuto del volume, scegliendo una forma colloquiale tra autore e relatore, che ha mantenuto sempre alto il livello di attenzione del pubblico, incuriosito, in una sorta di “provocazione al provocatore”. Sì, perchè la sottile penna di Maiorano si pone come una sorta di provocazione, concentrata nella storia storia aquilana, come “rivalsa nei confronti di invenzioni”. In 13 capitoli e 153 pagine, ha raccontato di errori storici, falsi miti, come il numero 99, la bufala dei templari, gli “scippi” come quello di Celestino , la paternità federiciana dell’Aquila opera di “falsari della storia”, l ‘origine etimologica del nome della città attribuibile all’acqua e non al rapace. Il titolo nasce dalla questione dell’articolo determinativo legato a un articolo di legge. “L’Aquilani sono coloro che scrivono di L’Aquila, de L’Aquila, a L’Aquila, ignorando le regole della grammatica sulle preposizioni articolate e nulla sanno del decreto regio n.1891 del 23 novembre 1939. Sono coloro che vantano le origini federiciane della loro città, che parlano a sproposito di templari, di numeri simbolici, di vocazioni esoteriche. Sono coloro che ostentano parentele onomastiche con la regina degli uccelli e sono quelli che hanno contato 99 mascheroni alla fontana della Rivera, che tramandano la magia del numero 99, delle 99 chiese, piazze. E sono quelli per cui Celestino V è sepolto a Collemaggio per sua volontà“.
Maiorano chiama Aquilani, invece, quelli che amano davvero la loro città e ne raccontano la storia con onestà intellettuale e il coraggio di verità documentate. “Un titolo indovinato per un libro in cui ritrovo quella curiosità giornalistica di Maiorano di andare a cercare il particolare e quel gusto di correggere l’errore scovato” commenta Avallone, che inserisce Maiorano tra gli “aquilani”, affermando che “non è un libro contro nessuno” anche se ritiene che “non sia un atto d’amore per la città”. Da cronista, non si trattiene e nel dialogo infila la frecciata dal sapore politico, alludendo al fatto che Sulmona attualmente venga usata come terreno di scontro politico, dicendo che “L’Aquilani sono anche coloro che arrivano in parlamento nominati da un partito, ma poi vengono a Sulmona e sulle divisioni dei sulmonesi demoliscono il partito stesso per costruire il futuro”. Una penna arguta e pungente, dunque, quella di Maiorano che con ironia, precisione e soprattutto con la forza della storia, ha dato alle stampe un libro che i sulmonesi e anche i “L’ Aquilani” dovrebbero forse leggere. Il ricavato delle offerte per il volume è stato devoluto al canile comunale di Sulmona. Presente, infatti, anche Gabriella Tunno, responsabile dell’associazione Code Felici, che gestisce la struttura, che ha ringraziato per la donazione.