DONNA DI PACENTRO OPERATA PER ERNIA MUORE DOPO CALVARIO DI QUATTRO ANNI
Entra in ospedale per un intervento di ernia al disco, viene operata e nel corso dell’intervento le sarebbe stato perforato l’intestino provocandole una peritonite. Un’odissea durata quattro anni e conclusa con la sua morte. E’ il caso di presunta malasanità di cui è stata vittima Amelia Agostinelli, 64 anni, di Pacentro, morta nel dicembre scorso. A denunciare la brutta vicenda era stata lei in persona e successivamente anche i figli della donna che hanno chiesto al Tribunale di Pescara di fare luce sull’intera vicenda. Nell’inchiesta sono coinvolti una cinquantina di persone, tra medici, infermieri e dirigenti dell’Asl pescarese. Inchiesta che secondo la Procura della Repubblica dovrebbe essere archiviata ma dopo l’opposizione dei familiari, rappresentati dall’avvocato Bruno Gallo, la palla è passata nelle mani del Gip Maria Michela Di Fine che ha fissato l’udienza per il prossimo 15 gennaio, quando dovrà decidere se andare avanti nell’inchiesta oppure se archiviarla. Di pari passo va avanti anche l’inchiesta civile per la richiesta di risarcimento dei danni avanzata all’Asl. L’udienza, per questa tranche giudiziaria, è fissata al prossimo 19 gennaio. Un’odissea lunga iniziata il 14 febbraio 2011, con il ricovero di Amelia Agostinelli, nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Pescara, per un intervento programmato di ernia al disco, effettuato il giorno dopo. “Subito dopo l’intervento mia madre ha avvertito dolori lancinanti all’addome – ricorda la figlia Anna Rita Marchionda – e nonostante le nostre ripetute richieste mia madre è stata sottoposta ad ecografia e tac addominale solo tre giorni dopo l’intervento e da questo esame è emerso che mia madre aveva subito la perforazione dell’intestino con peritonite”. Il 18 febbraio, a soli tre giorni dal primo intervento, la donna è stata operata di nuovo, così come il 27 febbraio, il 16 marzo e il 12 aprile. Interventi all’intestino effettuati nel reparto di Chirurgia. Già dal primo intervento all’intestino, vista la gravità del quadro clinico ed il pericolo di morte, la donna è stata ricoverata in terapia intensiva per complicanze: una grave sepsi, fibrillazione cardiaca e complicanze respiratorie, consistenti perdite ginecologiche, alterazioni del fegato e della colecisti ed una grave insufficienza renale. Dopo tre mesi di calvario la donna è stata trasferita nel centro di riabilitazione della clinica S.Raffaele di Sulmona. Poi per un’occlusione intestinale è stata di nuovo riportata nell’ospedale di Pescara, per essere dimessa e rimandata a casa nell’agosto 2011. Dal 2011 è stata riconosciuta l’invalidità al 100% e la donna non si è più ripresa, fino al 2015 quando è deceduta. “Dopo svariati di fisioterapia, mia madre si spostava in casa con le stampelle – ricorda ancora la figlia – non era autosufficiente, l’intestino non funzionava più regolarmente ed era sottoposta continuamente ad esami medici di varia natura. Non era più la stessa persona anche psicologicamente. Sentiva su di sé il peso dell’handicap ed era difficoltoso per lei anche stare in mezzo alla gente”. A marzo la donna ha avuto un nuovo episodio acuto di occlusione intestinale. Trasportata nell’ospedale di Sulmona non è stata operata perché a causa dell’insufficienza renale avrebbe rischiato di morire. Un’insufficienza che avrebbe influito su quella cardiaca fino al decesso avvenuto lo scorso 6 dicembre. “Chiediamo alla giustizia di fare piena luce sulle responsabilità di chi ha tenuto in cura mia madre – conclude Anna Rita Marchionda – non è accettabile che da una semplice ernia al disco mia madre sia morta”.