INCENDIO METANODOTTO NEL TERAMANO, COMITATI RIBADISCONO NO ALLA CENTRALE SNAM IN VALLE PELIGNA

In seguito all’incendio sulla condotta del metano nel teramano questa mattina, i comitati sulmonesi per la salvaguardia dell’ambiente tornano a dire no alla realizzazione del metanodotto e della centrale di compressione gas della Snam nella Valle Peligna, territorio anch’esso fragile dal punto di vista idrogeologico.

“Stamani intorno alle 8 si è sfiorata la tragedia : un boato con deflagrazione ha interessato Mutignano, una frazione del Comune di Pineto, dove un gasdotto della Snam è esploso per la caduta di un traliccio  dell’alta tensione sulla condotta, che ha ceduto a causa di uno smottamento del terreno. L’esplosione, con fiamme altissime visibili a distanza di chilometri,  ha un bilancio di otto feriti, alcune persone intossicate, tre case evacuate e due abitazioni danneggiate.

Rileviamo, purtroppo,  il ripetersi sempre più frequente di tali  eventi . Infatti  ci sono state altre esplosioni di gasdotti Snam in passato e di recente: nella bassa molisana  a Montecilfone il 15 gennaio 2004 per una frana; a Tarsia, in Calabria l’11 febbraio 2010 a causa di uno smottamento di terreno; a Tresana , (Massa Carrara) per lavori di manutenzione il 18 gennaio 2012; a Sciara (Palermo) il 20 luglio 2013, per un movimento franoso. Il  10 dicembre 2014 un incendio si è sviluppato nella centrale Snam di gas metano in via S. Alberto, vicino Ravenna, per un problema all’impianto di riscaldamento del metano.

La fragilità del nostro territorio ha elevato la soglia dell’emergenza ambientale che in queste ultime settimane ha interessato vaste aree dell’Abruzzo per dissesto idrogeologico.

Anche la Valle Peligna presenta analoga fragilità del suolo sotto il profilo idrogeologico e  la classificazione della stessa in area sismica di 1^ grado, aggiunge al rischio idrogeologico un elemento di ulteriore preoccupazione per quanto attiene alla sicurezza ed alla incolumità della popolazione residente: il rischio sismico.

Ma ciò non preoccupa affatto un governo sull’attenti di fronte ad una multinazionale, la Snam, che si ostina a volerci imporre una infrastruttura come il metanodotto Sulmona-Foligno e l’annessa centrale di compressione di 99 Mw di potenza termica, ritenendo che gli studi condotti sul tracciato del progetto da realizzare, siano sufficienti a garantire la totale sicurezza dei suoi impianti.

Ma se calcoli così tecnici e scientifici non riescono  ad eliminare l’eventualità della esplosione di un gasdotto per una frana o smottamento del terreno, perché mai dovrebbero convincerci che in caso di terremoto non accadrà nulla e non correremo nessun pericolo?

La stessa Commissione nazionale V.I.A., che ha prescritto studi di dettaglio sulla sismicità, afferma che essi hanno lo scopo di “ridurre la vulnerabilità della condotta”. Il che significa che, anche adottando le più moderne soluzioni, il metanodotto è e resta vulnerabile.

Il percorso scelto dalla Snam  interessa i territori a più elevata sismicità di Abruzzo, Umbria e Marche  ed è stato sempre avversato da tutti gli Enti istituzionali e dalla  Camera dei Deputati che, con la risoluzione unanime del 26/10/2011, impegna il governo a disporre la modifica del tracciato al di fuori della dorsale appenninica, sia per l’alta qualità ambientale dei territori attraversati  che per la vulnerabilità della condotta, data l’elevata  sismicità delle zone interessate che esporrebbe a rischio le popolazioni residenti.

Non è ammissibile  che, a tutt’oggi, la volontà del massimo organo elettivo dello Stato continui ad essere disattesa. La salute e la sicurezza dei cittadini non possono essere subordinate al profitto.

Il principio di precauzione, sancito dalla normativa europea, deve essere sempre  alla base della progettazione di opere così altamente impattanti.

Auspichiamo perciò” concludono “che la Regione Abruzzo e i parlamentari del territorio mettano in atto ogni possibile iniziativa affinchè nessuna decisione venga presa sul progetto della Snam (la cui Conferenza di Servizi è convocata per il 26 marzo) se prima non viene data piena attuazione alla risoluzione parlamentare attraverso un vero tavolo di confronto Stato – Regioni per lo studio di soluzioni alternative.