SULMONA HA RICORDATO L’ECCIDIO DEL 1944. “IO C’ERO”
1944-2014. Cinquantadue rintocchi dal campanone dell’Annunziata. Tanti quante sono state le persone che morirono in quell’inferno del 30 Maggio di 70 anni fa (un centinaio i feriti) quando, alla vigilia della liberazione, alle 12.10, caccia angloamericani bombardarono piazza Garibaldi, piazza Carmine e Largo Faraglia. Questa mattina la città ha ricordato l’eccidio, con una cerimonia prima nell’aula consiliare e con l’inaugurazione, poi, di una lapide commemorativa, opera dell’artista sulmonese Nunzio Di Placido, vicino i tre archi dell’acquedotto. Presenti il sindaco di Sulmona, il presidente del Consiglio comunale, l’avvocato Lando Sciuba, il vice sindaco di Pettorano sul Gizio, Pasquale Franciosa, in aula le associazioni combattentistiche e di armata. A scoprire la targa sono stati Mariolina Caroselli Di Bartolomeo e Raffaele Bonitatibus, superstiti della strage.
“QUEL GIORNO IO C’ERO”
Commovente l’intervento fuori programma di un testimone, Enrico La Civita, che, tra il pubblico, ha alzato la mano e ha detto <Io quel giorno c’ero. Io c’ero>. Invitato al microfono, ha raccontato momenti successivi al bombardamento in quella terribile giornata di sangue. Parole difficili da lasciar uscire, interrotte più volte dall’emozione, quasi frenate da una sorta di remora dignitosa nel condividere con il mondo quelle atrocità vissute, ricordi di ferite, mutilazioni di arti, sangue, terrore in pochi minuti mentre si era intenti a fare acquisti tra le bancarelle del tradizionale mercato. Preziose e importanti testimonianze di chi, all’epoca, era un bambino o quasi adolescente. Spuntavano poco alla volta, questa mattina, facendosi largo, in punta di piedi, tra la gente che assisteva alla cerimonia nella piazzetta sotto gli archi. Quasi a chiedere scusa di essere stati presenti quel giorno in piazza Garibaldi e di essere stati testimoni diretti dei fatti. Coloro che non finiscono nelle pagine dei libri. Ma <é la gente che fa la storia>. <Avevo quattordici anni e quel giorno, ero a casa, quando mio padre, che stava lavorando nel palazzo vicino la chiesa di San Filippo (oggi caserma della Finanza ndr) credeva che scendendo al primo piano potesse ripararsi e salvarsi la vita nel caso in cui le bombe lo avessero sorpreso> ci spiegava una signora, senza lasciarci il suo nome, troppa l’emozione da non permettere al tempo di interrompere il suo dire con domande. Ciò che le premeva in petto oggi, con quegli occhi vivi di chi ha nel cuore quell’atrocità di una guerra, era la garanzia che quanto raccontato oggi possa essere utile per non dimenticare, perchè senza la conoscenza del passato non si costruisce il futuro e non si va da nessuna parte.
INTERESSANTE INTERVENTO DELL’AVVOCATO SCIUBA
Interessante il lungo intervento dell’avvocato Lando Sciuba, autore di “La via dell’onore”, che ha ripercorso dettagliatamente storia e cronaca di quella strage nella piazzetta sotto i tre archi, dove fino a pochi decenni fa insistevano due edifici a cavallo dell’acquedotto. Ha ipotizzato, documentando il suo dire, che Sulmona si sarebbe ritrovata al centro di una strategia più alta, che la vedeva oltre l’essere una piccola città di provincia: l’intento sarebbe stato quello di colpire il comandante delle forze tedesche. Una narrazione arricchita dagli orrori della guerra: gli aerei che sbucano dal Morrone, corpi decapitati che continuano a camminare per diversi metri, un uomo, con abiti più grandi della sua taglia, denudato solo con lo spostamento d’aria della violenta esplosione (un’immagine che colpisce nella dignità un popolo), una madre e una zia di Pettorano, intente a fare acquisti nella drogheria Pelino, fanno scudo con i loro corpi al loro bimbo in carrozzina salvandolo, i decessi avvenuti in una delle <pagine più alte che sia stata scritta in questa città: una lunga agonia tra il 1943 e il 1944>. La piazza insanguinata, le schegge infilate nei palazzi infliggendo ferite dai grandi fori e dalla memoria zittita, visibili fino a pochi anni fa, ricoperti, poi, dalla modernità. Si rivolge ai giovani l’avvocato Sciuba, sottolineando il loro essere <ignari, perchè le scuole, le Deputazioni di Storia Patria, le Università non hanno educato le nuove generazioni a recuperare consapevole fierezza del passato> senza aver saputo <inculcare il patrimonio di valori di cui siamo portatori>.
FATTI E STATI D’ANIMO RACCONTATI IN UNA LETTERA TRA FIDANZATI
A ricordare quegli eventi una poesia di Evandro Gay e la lettura di una dolcissima lettera che documenta quei fatti. La missiva fu scritta nel Giugno del ’44 da Elvia Del Nunzio inviata al fidanzato Guido Colaiacovo :
“… Noi siamo tutti salvi, Dio ci ha protetti, ma abbiamo passato dei momenti indescrivibili. Pensa che io ero in farmacia e mi accingevo ad andarmene a casa quando è incominciato quell’inferno e il tratto che avrei dovuto percorrere è stato il più colpito. Non ti dico poi che cosa ho passato fino a quando non ho potuto riabbracciare i miei, sapendo proprio che piazza del Carmine era stata bombardata. E avessi visto che scene lungo la strada, le ho sempre davanti agli occhi e sono sicura che me ne ricorderò finchè vivrò. Ora sono seguiti giorni pieni di incubi, di tristezza e di scoraggiamento. Tutt’intorno c’è uno squallore e un silenzio che atterriscono. Si sente proprio che è passata la morte. Molti sono andati in campagna. Noi non ci siamo mossi affatto, in quale posto potremmo trovare un po’ dio serenità e di sicurezza? ci rimettiamo solo alla volontà di Dio e non ci resta latro da fare. Tu non essere imprudente, non venire a Sulmona, tanto non riusciresti a vedermi perchè sono sempre a casa, mi è venuto il terrore di uscire e di allontanarmi dai miei anche per pochi minuti. Non so a chi consegnare questa mia per fartela avere al più presto, secondo il tuo desiderio, tutti sono terrorizzati e nessuno vuole allontanarsi da Sulmona, anche quelle persone che venivano giornalmente a Pratola. Ad ogni modo darò tutto il possibile e tu non attribuirai a trascuratezza da parte mia il ritardo con cui ti giungerà. Ancora infinite grazie, moltissimi saluti e auguri”
G.Susi
“omaggio alle vittime dei tragici fatti che segnarono l’epoca dell’occupazione tedesca, dal 1943 al 1944
Nella cerimonia in Largo Faraglia ha prestato servizio un picchetto d’onore degli Allievi del 168° corso di Polizia Penitenziaria, presso la scuola di formazione e aggiornamento di Fonte d’Amore.