EMOZIONANTE MOSTRA DI TEOFILO PATINI NELLA SUA TERRA

Emozioni. E’ quanto resta dopo aver visitato la mostra “Teofilo Patini, Il Ritorno”, ospitata a palazzo De Petra, sede della pinacoteca intitolata proprio al Maestro (nel 2006, anno del centenario della sua morte) diretta dall’organizzatore della rassegna, Lino Alviani, a Castel di Sangro, paese che diede i natali all’illustre artista nel 1840 (morì a Napoli nel 1906). Nove tele firmate da Patini e una di scuola patiniana impreziosiscono l’esposizione (visitabile fino al 6 gennaio), affiancandosi alla collezione permanente. I nuovi quadri provengono dalla raccolta d’arte della Banca Intesa Sanpaolo (“Il buon Samaritano“ -dipinto tra 1856 e 1860, “Cristo nell’orto“, “La famiglia patrizia del mio paese“, “Ai piedi della croce“, “Interno con culla”, “Il ciabattino“) e dalla Provincia dell’Aquila (“Pulsazioni e palpiti“ 1881, “Pancia e cuore” -scuola patiniana). A queste si aggiungono due nuove acquisizioni dell’amministrazione di Castel di Sangro (“L’oratorio“ e “La rivolta di Masaniello“). In tutto 34 opere, di cui 23 del Maestro, nell’antico palazzo di via Leone (XIII-IV sec) che ospita anche opere di allievi e contemporanei, insieme alla Sala storica che illustra le origini della famiglia dei nobili giuristi De Petra, i quali, per secoli, dominarono il centro sangrino. All’ingresso colpisce l’imponenza della meravigliosa tela “Bestie da Soma” (1886, insieme a “L’erede” e “Vanga e latte” compone la trilogia sociale), conservata, fino al terremoto del 2009, nel Palazzo del Governo dell’Aquila e nel 2011 tornato tra quelle montagne che ne hanno ispirato la realizzazione. Farà, poi, ritorno nel capoluogo abruzzese nel 2015. Accompagnati da una guida ben preparata, Cinzia Mattamira, non è stato difficile lasciarsi trasportare dalle emozioni durante il percorso, tematico e cronologico, tra le più significative opere di Patini, ben note agli appassionati d’arte e ai cultori patiniani. Quell’arte che trova ispirazione nella cruda realtà di povera gente, come riproposizione del dramma umano; la quotidianità di donne o di genitori al capezzale del figlio moribondo, di volti e mani che esprimono sofferenza, fatica, raccontando di una realtà sapientemente osservata, studiata e riproposta inoltre in maniera diversa, creata in differenti periodi artistici. Il dolore e la miseria: componenti principali delle sue opere, tese non a raccontare la bellezza, ma a testimoniare la realtà, a documentare quella giustizia sociale assente per le classi dimenticate. Chiari messaggi affidati ai personaggi raffigurati, che arrivano dritti alla sensibilità dell’osservatore.  Non sembra presentarsi questa come una rassegna di quadri a mo’ di “scoperta”, ma come una sorta di ritorno a casa temporaneo per diverse tele appartenenti alle collezioni della banca e della Provincia. Toglie il fiato “Pulsazioni e palpiti”, quando si accede subito al primo piano della pinacoteca, dove è collocata una riproposizione della statua omaggio all’artista. Colpisce la sapienza con cui Patini ha immortalato scorci naturali del suo fiume, delle sue montagne, dei suoi vicoli come in “Via Paradiso”, essendo legato profondamente alla bellezza naturale della sua terra, come spiegano gli esperti, e non sfuggono i particolari dei corpi in “Il Buon Samaritano”, per non parlare della produzione bozzettistica del Maestro sangrino che caratterizza l’esposizione nelle successive stanze. Una mostra che merita tutta di essere ammirata. Ha finora riscosso grande successo di visitatori, per oltre due mesi di esposizione, anche se incuriosisce constatare la presenza di pochissimi castellani tra i tantissimi nomi annotati nel registro di quanti sono passati di là.

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“Bestie da soma”

 

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“Pulsazioni e palpiti”

Esistono tre versioni di questo quadro. Una, ora conservata nella pinacoteca castellana presenta diversa esposizione iconografica dei personaggi. Un’altra di proprietà della Provincia dell’Aquila miracolosamente sopravvissuta al sisma del 2009 come “Bestie da Soma”, un’altra appartenente a collezione di privati aquilani realizzata forse dieci anni dopo l’81.

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“Il Buon Samaritano”

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