IL SULMONESE NINO GIAMMARCO ESPONE A ROMA
“Sulmo mihi patria est”. E’ il titolo della mostra dedicata alle Metamorfosi di Ovidio che il sulmonese Nino Giammarco ha inaugurato ieri a Roma, negli spazi rinnovati della Ecos Gallery (Via Giulia, 81/A). Giammarco, esponente di primo piano del panorama artistico nazionale sin dagli anni ’70, indaga il significato del mito attraverso la sapienza del dipinto, la maestria tecnica dell’opera musiva e il disegno su pergamena. Originario di Sulmona, che diede i natali anche a Ovidio, l’artista ha ripercorso i temi cari al sommo poeta cercandone l’interpretazione autentica e, nello stesso tempo, una contestualizzazione nei fenomeni della contemporaneità attraverso il linguaggio dell’arte. Dal Ratto di Europa all’Apollo e Dafne fino a giungere alla Caduta di Icaro, le tele intrecciano storie in un ritmo serrato mentre nella produzione musiva, che richiama le antiche composizioni romane per l’utilizzo della bicromia bianca e nera, l’incedere del lavoro scorre pazientemente.
“Gli elementi scultorei prodotti dall’artista – scrive nel testo critico in catalogo la critica d’arte Alessia Carlino – sono la somma di un compendio di storia dell’arte: il legno e il bronzo fuso a cera persa edificano i soggetti divini in un pathos senza eguali. Il Prometeo, intagliato nell’ulivo, possiede strette corrispondenze con i soggetti iconografici dediti a raccontare la passione di Cristo; il protagonista della tragedia di Eschilo appare legato ad un tronco in attesa della sua punizione divina, di quel rapace che ogni giorno squarcia le ventri e ne provoca un dolore estenuante”
“Nelle parole che chiudono il Trattato della Pittura di Cennino Cennini – aggiunge la Carlino – è custodita una verità inappellabile: il mestiere dell’arte è il prodotto di fatiche e sudore, nella sua essenza vi è la sostanza di forza e grazia, di potenza e decadenza, di splendore e cupezza.
Nino Giammarco è un artista che ha sondato ogni aspetto del mestiere; nei suoi gesti sapienti, nelle tracce del suo percorso espressivo è possibile incontrare quel monito che Cennini lasciava ai suoi lettori, una preghiera rivolta a santi cristiani in cui poter trovare i doni di “questo mondo” che permettano ad un artista di scoprire la ragione nell’intraprendere un sentiero tortuoso e colmo di ombre da sfidare.”