IN MOBILITA’ RIFIUTANO IL POSTO, E’ POLEMICA
Su 14 lavoratori in mobilità (di tutto il comprensorio) chiamati dal Comune di Sulmona per tamponare l’emergenza della mancanza di netturbini e autisti, solo 6 hanno accettato, mentre in 8 hanno inviato certificati medici. Una notizia (foto) che sta facendo discutere oggi in città. Non poche le polemiche e i botta e risposta che stanno tenendo banco in queste ore nelle piazze, nei bar e sui social network, tra chi critica come, in questi tempi, si possa rinunciare a un’offerta di lavoro e chi, invece, riserva comprensione per coloro i quali, percependo uno stipendio di circa 800 euro come sussistenza dopo la chiusura delle tante fabbriche sulmonesi, preferiscono puntare, forse, alla possibilità di poter firmare ulteriori contratti compatibili (con la mobilità) per accrescere il proprio stipendio o addirittura accettare in nero. Per pagare mutui, per far fronte alle esigenze della famiglia. Da palazzo San Francesco spiegano che non potendo ricorrere ad altre assunzioni, si è deciso di sfogliare le liste dei lavoratori in mobilità offrendo loro un contratto di 20 ore settimanali non integrate con salari mensili. In sostanza, un posto per chi, rimasto senza lavoro, percepisce il sussidio statale. Se da un lato piovono proteste da parte soprattutto dei disoccupati, alcuni dei quali sostengono che da tre anni inviano richieste al Comune per un posto da netturbino, bollando come scansafatiche chi avrebbe, dunque, mandato avanti i certificati medici, dall’altro lato c’è chi ipotizza motivi, tra cui quelli legati all’assenza dei rimborsi, non essendo prevista integrazione salariale mensile alla mobilità come, invece, accadeva secondo il piano assunzioni 2012 (circa 160 euro di integrazione per 26 ore) e in altri paesi. Ci scrive un ultratrentenne sulmonese, ex lavoratore di un’industria a Sulmona, con la sussistenza pari a 850 euro (quando era occupato ne prendeva 1400), un figlio piccolo a carico e il mutuo della casa da pagare di 650 euro. Racconta il suo punto di vista, ipotizzando che chi ha rifiutato lo potrebbe aver fatto perchè sarebbe in cerca di un lavoro. Di quelli a tempo indeterminato, con contratti, ferie pagate, insomma di quelli regolari che sognano in tanti. In troppi. Utopia, in realtà, a cui aspira un’intera generazione. Quella dei precari. Quella di coloro che un’auto non possono comprarsela, figuriamoci accendere un mutuo o mettere su famiglia e figli. Lavorano come muli dalla mattina alla sera senza nemmeno arrivare a percepire queste famose 850 euro sussidio di chi sta in mobilità. Piegano la testa e svolgono quel lavoro che questo paese ha permesso loro di trovare. E pagano le tasse. Sono quei giovani, di cui nessuno parla. Quelli che qualcuno dal Governo, qualche anno fa, definì “sfigati”, che l’ex Ministro Padoa Schioppa chiamò “bamboccioni”, a cui si aggiunse pure l’ex Ministro Brunetta il quale disse “siete l’Italia peggiore”. Probabilmente la situazione dei certificati medici sarà fatta verificare dagli inquilini della residenza municipale, ma resta la consapevolezza che il problema dell’occupazione è davvero serio e non va per niente sottovalutato. Anzi.