LO DICEVA LA MAMMA
Quando uscì per la prima volta sentì sul muso l’alito caldo di agosto, non aveva resistito alla tentazione di andare verso la luce che vedeva dal fondo della tana nonostante l’ordine della madre di non uscire. Cominciò ad annusare il terreno facendo qualche passo ancora incerto, ma una spinta lo buttò dentro la tana. La madre era tornata con il cibo e lo rimproverò pesantemente, suo fratello lo guardò tra l’ammirazione e la derisione, sua sorella gli disse solo: ”Te l’avevo detto”. Nei giorni che precedettero l’uscita insieme ai fratelli la madre parlò molto con loro spiegando quello che avrebbero incontrato, come si sarebbero procurati il cibo e dei pericoli, che per la verità non erano tanti visto che non avevano rivali tranne uno, molto pericoloso: l’uomo. La mamma raccontò le storie che si tramandavano gli anziani, di quando i lupi erano considerati nocivi e l’uomo riuscì quasi a sterminarli tutti con ogni mezzo, inventandosi anche un’arma apposta per loro, la lupara. Adesso le cose erano un po’ cambiate, i branchi erano aumentati, passando dalle cime delle montagne gli ululati arrivavano da molto lontano, ma si doveva stare molto attenti, quando si vedeva l’uomo si doveva solo scappare. I giorni e le notti successive furono dedicati all’esplorazione del territorio intorno alla tana ed alla caccia. Una volta la madre da lontano mostrò loro gli uomini e ancora una volta ricordò la loro pericolosità. Per lui fu un periodo felice. Era il più grande tra i fratelli ed il più forte e fu anche il primo ad uccidere una preda stando bene attento a seguire i consigli della madre. Una notte, mentre si spostavano, dovettero attraversare una strada, una luce gli abbagliò e sentirono un forte colpo. Dall’auto scese un uomo, anche loro si avvicinarono, a terra c’era la mamma morta. Gli sguardi tra loro e l’uomo si incrociarono, questo salì subito sull’auto e ripartì, i tre fratelli rimasero ancora qualche minuto accanto alla madre, ma quando videro avvicinarsi altre luci scapparono via. La madre li aveva istruiti bene e adesso che sentiva la responsabilità anche per suo fratello e sua sorella lui divenne ancora più forte. Cominciarono ad allontanarsi dal loro territorio camminando per lunghi tragitti tra valli e cime innevate, cacciando ad ogni occasione. Un giorno incontrarono un gregge di pecore con un pastore e i suoi cani, non avevano mai aggredito un gregge, si guardarono e ci pensò il loro istinto a dividere i compiti. La sorella più astuta e veloce si lanciò allo scoperto per attrarre l’attenzione dei cani ed allontanarli, i maschi si avventarono sulle pecore. Ne uccisero una, due, potevano bastare anche per la sorella ma si ritrovarono ad ucciderne altre, tante, con una rabbia feroce che si portavano dentro da quella notte. Continuarono ancora, con altre greggi e con la stessa rabbia, forti e veloci. Solo una volta dovettero desistere. Dopo che la sorella aveva distratto i cani, loro si avventarono sul gregge. Lui era già su una pecora quando avvertì un odore mai sentito, fece appena in tempo a scattare di lato che due file di denti scintillanti si serrarono vicino al suo collo strappandogli un ciuffo di peli e procurandogli un profondo taglio. Il cane dal pelo lungo e bianco che brillava nella notte era più grande di lui e non gli rimase altro che sfruttare la sua velocità per scappare. Mentre sua sorella gli leccava la ferita ripensò a quell’odore e da quella notte imparò a riconoscere l’odore dell’odio.
Stavano riposando al sole in una radura quando…PAM! Udirono un colpo secco a cui seguì il guaito di suo fratello. PAM! Un altro colpo e sentì la pallottola passare vicino alla sua testa e conficcarsi nel tronco di un faggio mentre si infilava nel bosco. Continuarono a correre ancora per molto fino a sentirsi scoppiare i polmoni, quando si fermarono vide negli occhi della sorella il riflesso del suo terrore. Dopo la morte del fratello decise di salvare la sorella facendola entrare in un branco, sarebbe stata più al sicuro e avrebbe raccontato ai suoi cuccioli quello che aveva sentito dalla madre e aveva visto con i suoi occhi. Lui continuò a vagare da solo con unica compagna la sua rabbia.
Passarono altre stagioni di cacce sfrenate contro tutte le prede che incontrava anche solo per il gusto di ucciderle.
Da qualche tempo non si sentiva più forte come prima, gli inseguimenti erano più lunghi e alla fine si sentiva molto stanco. Lungo un sentiero trovò un pezzo di carne, dopo averlo annusato lo ingoiò. Si sentì subito male. Prima di chiudere gli occhi pensò: “Lo diceva la mamma di stare attento”.
Roberto Bezzu