LE MONTAGNE DEGLI ALTRI
Usciamo dall’albergo in una fresca mattina e saliamo sul nostro autobus che ci porta alla località di partenza della nostra escursione. All’inizio del sentiero c’è un piccolo cartello indicatore giallo dove c’è il numero e il nome del sentiero, la durata e la difficoltà dell’escursione; gli stessi cartelli li ritroveremo ad ogni bivio. Il sentiero è largo e privo di vegetazione, in alcuni punti sono stati creati dei gradini dove l’acqua piovana avrebbe eroso il fondo, usando anche larghe pietre reperite nello stesso luogo. Nei punti dove il sentiero è meno evidente ci sono delle piccole frecce gialle che indicano la direzione. Usciti dal bosco c’è un ruscello da guadare, qualche anno fa non c’era nulla, ora c’è un piccolo ponte in pietra. Lasciamo il sentiero principale per una deviazione che ci porta su una panoramica cresta. Qui oltre alla vista mozzafiato c’è un bivacco, un rifugio incustodito, con all’interno comode brande con coperte pulite, un’attrezzata cucina e viveri a disposizione di chi voglia passarci qualche ora. Torniamo sul sentiero principale che ci porta alla nostra meta, un rifugio ai piedi del ghiacciaio. La struttura è gestita da una simpatica signora che ci racconta si trova qui dalla metà di giugno e riscenderà a valle solo alla metà di settembre. Il menu offre un buon numero di specialità locali. Dopo il caffè cominciamo la discesa. Alcuni di noi, invece di tornare al punto di partenza, vogliono fare la traversata della montagna e scendere dall’altro versante. Qualcuno chiede come faremo a tornare all’albergo, il solito informato tira fuori l’orario dei bus navetta di fondovalle che passano ogni quindici minuti. Attraversiamo verdi prati passando accanto a vecchi alpeggi tuttora abitati, al limite del bosco ce n’è uno ristrutturato a ristoro, una birra è obbligatoria. Il giorno dopo la pioggia ci obbliga a rinunciare all’escursione così decidiamo di visitare il Museo delle Alpi. Questo si trova all’interno di una fortezza medievale splendidamente restaurata come il borgo abitato che la circonda. Questa è la veloce cronaca di una vacanza in Valle D’Aosta e sono spontanei i paragoni con le nostre montagne e la nostra regione. Messi da parte quelli paesaggistici, i pochi paragoni possibili sono relativi alla sentieristica e ai rifugi. La segnaletica dei sentieri sta raggiungendo in Abruzzo un buon livello solo all’interno delle Aree Protette, purtroppo non in tutte, ma non le altre opere come la pulizia dalla vegetazione o la cura del fondo. Al di fuori delle Aree Protette o ci pensano i volontari o niente. I rifugi gestiti si contano sulle dita di una mano. I bivacchi incustoditi, anch’essi pochi, sono curati con mille difficoltà dalle associazioni, principalmente il CAI, e sono in balia di molti frequentatori della montagna incivili. In Valle D’Aosta esiste all’interno dell’Ente Regione un ufficio, con funzionari e operai, dedicato solo alla cura dei sentieri, sul sito regionale è possibile scaricare le tracce GPS di tutti i sentieri. E naturalmente i risultati si vedono con la notevole affluenza turistica. Quando qualcosa di tutto questo nella Regione Verde D’Europa? Per non parlare del Museo dell’Appennino.
Roberto Bezzu