OLIO DI PALMA, ALLARMISMI E DISINFORMAZIONE
Attualmente, l’olio di palma rappresenta uno degli ingredienti più discussi e controversi della nostra alimentazione, tanto da scatenare guerre mediatiche e scontri tra “esperti” che portano i consumatori ad essere allo stesso tempo terrorizzati, confusi e disinformati.Spesso in passato, sull’etichetta dei prodotti in commercio, abbiamo forse letto di sfuggita (senza sapere che la lista degli ingredienti è molto più importante delle calorie di un cibo!) la dicitura ”grassi vegetali”. Ma ciò includeva varie tipologie di grassi, comprendenti olio d’oliva, di semi vari, di cocco, di colza, e infine “di palma”.Infatti essendo l’olio di palma un ottimo sostituto della margarina (di cui l’industria ha fatto un grande abuso in passato) per il grado di fragranza che assicura ai prodotti e per il bassissimo costo, è diventato uno dei grassi più utilizzati a livello industriale.La crescente sensibilizzazione sul tema, essendo quest’ultimo ricco di grassi saturi (che aumentano il rischio cardiovascolare), ha fatto sì che si imponesse il nome anche in etichetta.Con l’entrata in vigore del Reg.Ue 1169/2011, dal 2015 è obbligatorio indicare, nelle etichette dei prodotti alimentari prodotti nella Comunità Europea, l’origine vegetale specifica di oli e grassi e di conseguenza dichiarare l’utilizzo anche dell’olio di palma.
Ma di cosa si tratta? Fa bene? Fa male? E’ cancerogeno?Facciamo un po’ di chiarezza.
L’olio di palma è un olio vegetale ricavato dalle palme da olio. Dal frutto della palma si ricavano olio di palma (dal frutto) e olio di palmisto (dai suoi semi): entrambi sono solidi o semi-solidi a temperatura ambiente, ma con un processo di frazionamento si possono separare in componente liquida (olio di palma bifrazionato, usato per la frittura) e solida. Secondo i più recenti dati statistici, esso rappresenta attualmente l’olio commestibile più prodotto al mondo, davanti all’olio di soia.
È infatti utilizzato non solo come componente o una materia prima di molti saponi, cosmetici, polveri detergenti e prodotti per la cura della persona ma è un ingrediente abbastanza diffuso di numerosi prodotti alimentari (come Nutella, merendine, biscotti), nonché un nuovo controverso combustibile di fonte agroenergetica (biocarburante).Le importazioni di olio di palma in Italia hanno raggiunto un record storico nel 2014, registrando un aumento del 19 per cento rispetto all’anno precedente: 1,7 miliardi di chilogrammi.
Un’invasione incomprensibile secondo Coldiretti (Confederazione nazionale dei coltivatori diretti) visto che il nostro Paese è la patria dell’olio extravergine di oliva e della dieta mediterranea.Al di là del made in Italy, i dubbi dei consumatori legati alla diffusione dell’olio di palma sono sia di natura ambientale che nutrizionale.
Ma come è arrivato questo olio sulle nostre tavole?L’olio di palma è sempre stato molto usato nei paesi dell’Africa occidentale come praticamente unico olio alimentare.I mercanti europei che commerciavano in quei luoghi talvolta lo importavano in Europa, ma poiché l’olio era abbondante ed economico, l’olio di palma rimase raro fuori dall’Africa occidentale.
Successivamente divenne un prodotto altamente commerciato dai mercanti britannici per il suo uso come lubrificante per le macchine della rivoluzione industriale, e come materia prima per prodotti a base di sapone come il famoso sapone statunitense Palmolive.
La palma da olio fu introdotta nella metà dell’ottocento dagli olandesi nell’isola di Giava, e successivamente in Malesia, dove a partire dagli anni sessanta il governo promosse un grande piano di coltivazione della palma da olio con lo scopo di combattere la povertà. In Malesia, paese dove si produce il 39% della produzione mondiale di olio di palma, ha sede uno dei più importanti centri di ricerca sugli olii e grassi di palma al mondo, il Palm Oil Research Institute of Malaysia (Porim).
PROBLEMA AMBIENTALE
La palma è usata anche nella produzione di biodiesel, o come olio di palma poco raffinato miscelato con gasolio convenzionale, oppure lavorato per produrne un sottoprodotto.Il napalm (reso famoso dalla guerra del Vietnam come ingrediente per gli esplosivi) prende nome dagli acidi naftenico e palmitico.Il procedimento usato varia a seconda della nazione e delle esigenze dei mercati di esportazione.Si stanno anche sperimentando, anche se in piccole quantità, processi produttivi di biocarburante di seconda generazione.Pur essendo in teoria una fonte di energia rinnovabile, il carburante da olio di palma è osteggiato da diverse associazioni ambientaliste a causa degli effetti collaterali della sua produzione, che includono la necessità di convertire alla coltivazione di palme aree ecologicamente importanti come zone di foresta pluviale o aree precedentemente adibite alla produzione alimentare.
L’aumento esponenziale delle piantagioni sta alimentando la deforestazione in molte aree tropicali della Terra e gli studi scientifici sulle caratteristiche nutrizionali di questo olio vegetale sono contraddittori. Questo fenomeno si è sviluppato soprattutto in Indonesia e Malesia che, insieme, esportano circa il 90 per cento di tutto l’olio di palma presente sul mercato globale.Anche in Africa la palma da olio inizia ad espandersi nelle regioni forestali, minacciando importanti ecosistemi.
Per cercare di arginare o quantomeno affrontare il problema, nel 2004 alcune aziende produttrici insieme a ong ambientaliste si sono sedute intorno alla Tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile (Roundtable on sustainable palm oil, Rspo) per cercare di dar vita a uno standard ambientale minimo per la coltivazione della palma e porre un freno alla deforestazione e alla perdita di biodiversità.
I lavori hanno portato alla stesura di otto principi da seguire e all’importazione in Europa del primo olio di palma certificato nel 2008, mentre nel 2012 circa il 14 per cento di tutto l’olio prodotto (oltre 54 milioni di tonnellate) portava il logo Rspo.
Non tutti sono rimasti soddisfatti dai risultati della tavola rotonda, come sottolineato dal Wwf e da altre ong. Ci sono molti punti che devono essere migliorati, come quello sui pesticidi, diserbanti e altre sostanze chimiche pericolose, infatti, continuano a essere utilizzati nelle piantagioni e non vige alcun controllo sulle emissioni di CO2 in atmosfera.Per continuare a innovare e migliorare la certificazione Rspo e includere parametri che rendano le piantagioni e l’olio di palma davvero sostenibili, Wwf, Greenpeace, Rainforest Action Network e altre organizzazioni hanno dato vita al Palm oil innovation group (Poig), un gruppo di pressione con l’obiettivo di spingere governi e imprenditori a migliorare le leggi in vigore e le condizioni di lavoro e di sfruttamento delle risorse naturali.Perché l’unico, vero scopo è difendere i polmoni del pianeta: le foreste tropicali.
Il consiglio più valido per i consumatori, dunque, è quello di cercare in etichetta i loghi e la certificazione Rspo che attestino la provenienza da gestione quantomeno responsabile dell’olio di palma contenuto nel prodotto.
L’OLIO DI PALMA DAL PUNTO DI VISTA NUTRIZIONALE
Da più parti vengono mosse critiche a questo ingrediente, accusato di essere largamente utilizzato dall’industria nonostante presenti un tenore di grassi saturi superiore a quello di molti altri oli.
Ma l’olio di palma è dannoso per la salute?
Per prima cosa va precisato che i grassi saturi sono ritenuti responsabili dell’insorgenza di malattie cardiovascolari, ma non sono tutti uguali. Si distinguono in saturi a catena corta (protettivi), media (neutri) e lunga (dannosi).Sono proprio questi ultimi ad aumentare il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa, arteriosclerosi e colesterolemia.
L’olio di palma, in effetti, contiene abbondante acido palmitico saturo a catena lunga, ma questa quota di grassi dannosi è affiancata da oltre il 50% per cento di acidi grassi insaturi (protettivi), tra cui ricordiamo l’acido oleico, di cui è molto ricco l’olio di oliva e una percentuale minore dei famosi omega 3.
Per fare un paragone, si pensi che il burro (che soprattutto nel nord italia e in quasi tutta Europa è diffusissimo ed utilizzato quotidianamente per cucinare o fare dolci) anche se contiene solo il 20% per cento di acido palmitico e ha circa la metà di acidi grassi monoinsaturi (che sono quelli protettivi per il cuore) rispetto all’olio di palma.
L’olio di palma dunque, quando non è idrogenato, non aumenterebbe il tasso di colesterolo. L’idrogenazione è quel processo in base al quale l’olio assume una consistenza solida e diventa più ricco di grassi saturi; l’olio di palma ha per sua natura una consistenza semi solida che ha l’effetto di rendere naturalmente cremosi i prodotti, per cui spesso non viene idrogenato.
Inoltre, allo stato naturale, grezzo, è inoltre ricco di vitamine, carotenoidi e polifenoli antiossidanti.Addirittura, i più recenti dati nutrizionali relativi a questo ingrediente rivelano che in cottura si comporta meglio dell’olio di semi e del burro perché è un grasso stabile alle alte temperature, anche alla frittura, e all’ossidazione.
Va comunque detto che quello migliore è l’olio di palma integrale (che è rosso), perché essendo grezzo, è ricco di: beta-carotene (in quantità maggiore che nell’olio di palma raffinato); co-enzima Q10 (ubiquinone); squalene; vitamina A; vitamina E.
Quello invece più utilizzato dall’industria alimentare (soprattutto per la produzione di glasse, la canditura e le farciture a base di cacao), è raffinato, per cui mantiene pochissime proprietà dell’olio grezzo.
Subisce infatti 2 tipi di raffinazione chimica che rimuovono le impurità e si ottiene l’olio filtrato e sbiancato (che è quasi trasparente). Quindi, la raffinazione chimica toglie odore e colore, per produrre olio di palma sbiancato e deodorato e acidi grassi puri liberi, importanti materie prime dell’industria del sapone, dei detersivi e di altri prodotti igienici e per la cura della persona.
L’olio di palma sbiancato e deodorato è il prodotto oleoso di base che può essere venduto nel mercato globale delle materie prime, anche se molte compagnie lo separano ulteriormente in oleina di palma, per olio alimentare o altri prodotti.
Il grande uso dell’olio di palma nell’industria alimentare commerciale del resto del mondo si spiega col suo basso costo, che lo rende uno degli olii vegetali o alimentari più economici sul mercato, e coi nuovi mercati emersi negli USA, stimolati da una ricerca di alternative agli acidi grassi trans dopo che la Food and Drug Administration ha imposto di mostrare la quantità di acidi grassi trans contenuti in ogni porzione servita.
Altra problematica legata all’olio di palma è quella legata alla contaminazione da residui di sostanze chimiche tossiche. L’olio di palma viene coltivato in Paesi che consentono ancora l’impiego di sostanze che in Italia e in Europa sono vietate, come ad esempio il ddt. (ricordiamoci che queste sono problematiche che riguardano tutta la frutta tropicale che arriva in Italia, come ananas, banane e cocco, di cui invece gli italiani ne fanno largo uso. Fino ad arrivare alle recenti mode della frutta tropicale come mango e papaya).
Comunque, dai controlli effettuali finora non sono mai stati riscontrati livelli di residui superiori a quelli consentiti per legge, ma è possibile che i bambini possano essere più esposti degli adulti al cosiddetto “effetto accumulo” da pesticidi.
I frutti della palma, molto facilmente deperibili, dopo il raccolto vengono sterilizzati tramite il vapore, in seguito vengono snocciolati, cotti, pressati e filtrati. L’olio che se ne ricava è di colore rossastro per via dell’alto contenuto di beta-carotene, solido a temperatura ambiente e ha un caratteristico odore di violetta; il sapore è dolciastro. Dopo un ulteriore processo di raffinazione può assumere un colore bianco giallino (la bollitura in pochi minuti distrugge i carotenoidi e gli antiossidanti, mentre permangono i grassi saturi). È usato come olio alimentare, per farne margarina e come ingrediente di molti cibi lavorati, specie nell’industria alimentare.
È uno dei pochi oli vegetali con un contenuto relativamente alto di grassi saturi (come anche l’olio di cocco) e quindi semi-solido a temperatura ambiente.
COSA DICE LA RICERCA SCIENTIFICA?
Gli studi scientifici e nutrizionali sull’olio di palma però sono controversi, danno risultati contradditori e non sono paragonabili tra loro in quanto non sempre riportano con precisione qual è la forma in cui è stato analizzato: se integrale, raffinato o frazionato.
Dagli studi condotti da parte dell’American Journal of Clinical Nutrition è emerso che diete ricche in olio di palma e acido stearico (un acido grasso presente nell’olio di palma) aumentino la quantità di colesterolo totale più di quanto non accada in diete abbondanti di altri acidi grassi saturi (stearico e laurico). L’American Heart Association elenca l’olio di palma fra i grassi saturi dei quali consiglia di limitare l’uso a coloro che devono ridurre il livello di colesterolo.Al contrario, il Comitato di promozione dell’olio di palma malese (ma chiaramente il giudizio è di parte!) ha sostenuto che non ci sono prove scientifiche sufficienti per elaborare linee guida globali sul consumo di olio di palma.
Uno studio cinese ha comunque confermato, comparando lardo, olio di palma, olio di soia e olio di arachidi, che l’olio di palma è meglio degli altri poiché possiedono grassi “trans”, i quali, nei paesi dove non sono regolamentati sarebbero comunemente scelti come suoi sostituti in diverse produzioni alimentari.
Nel 2013 l‘Istituto Mario Negri pubblicando una rassegna sulla letteratura scientifica inerente le prove di correlazione tra olio di palma ed effetti negativi sulla salute, ha evidenziato come ci siano pochi studi che analizzino gli effetti negativi dell’olio in sé e che principalmente gli effetti negativi delineati dagli studi esistenti riguardino il relativamente alto livello di acidi grassi saturi presenti nell’olio, in particolare l’acido palmitico, che sono stati correlati all’aumento di problematiche coronariche e all’insorgenza di alcuni tumori.
Tuttavia, indicano come alcuni recenti studi sull’argomento riconsiderino il ruolo negativo degli acidi grassi saturi nella dieta come fattore di rischio cardiovascolare, individuando non solo il tipo di grasso, ma che anche la struttura dei trigliceridi gioca un ruolo fondamentale nella colesterolemia.
Per quanto riguarda la possibile insorgenza di tumori a causa dell’assunzione di olio di palma, gli studi sono scarsi e non vi sono prove convincenti.
ALLA LUCE DI QUESTO PERSONALMENTE COSA CONSIGLIO?
Innanzitutto di non credere agli allarmismi inutili e dannosi, anche perchè attualmente è impossibile nella quotidianità riuscire ad evitare del tutto l’olio di palma nella propria alimentazione.
Secondo le linee guida più recenti, un soggetto sano dovrebbe consumare quotidianamente un apporto di grassi saturi non superiore al 10% rispetto all’introito energetico complessivo. (questo significa che dobbiamo anche stare attenti ad altri tipi di grassi come quelli derivanti da tutti gli alimenti di origine animale! Dobbiamo ridurre il consumo di carne e derivati!)
Soprattutto nei bambini bisogna stare attenti non tanto ad evitare i biscotti e le merendine con l’olio di palma, ma iniziare a fare una alimentazione sana e variata, con l’inserimento di più alimenti naturali e freschi possibili.
Ricordo che è inutile fare terrorismo sulla Nutella e poi mangiare carne, formaggi e formaggi tutti i giorni!
Sarebbe pertanto utile sostituire l’olio di palma con olio d’oliva, (o possibilmente con altri olii, per averne un gusto diverso come quelli di girasole, canapa, lino oppure con burro, comprato dal pastore o dalla azienda agricola che fa davvero allevamento biologico all’aperto).
E consiglio di preparare a casa, laddove possiate e vogliate, ciò che mangiate.Tantissimi sono comunque in commercio i prodotti che non contengono olio di palma.
Vi invito caldamente a leggere sempre l’etichetta prima di acquistare un prodotto.Se fate questo, sarete più consapevoli di ciò che introducete nel vostro organismo.
Ma ricordiamoci che la dieta MEDITERRANEA è l’unica che è stata riconosciuta come patrimonio mondiale dell’umanità!
La filosofia COME MANGI® e la DIETA SENSORIALE®, si battono ogni giorno per promuovere una alimentazione CONSAPEVOLE.
Bisogna iniziare a non credere più alle favole dei numerosi e sempre crescenti “nutrizionisti” che non sanno nemmeno cosa e perchè stanno consigliando delle cose ai pazienti.Soprattutto questo è un invito ai numerosi medici che parlano di alimentazione senza cognizione di causa di iniziare a capire che la medicina e l’alimentazione hanno subito negli ultimi anni, per ovvi motivi, molti più progressi e innovazione scientifica di qualunque altra disciplina.
Per cui, se non si ha la capacità di riuscire a seguire le evoluzione, di inviare i pazienti dagli specialisti, invece di improvvisarsi tali.
MANGIARE è IL MASSIMO DEI PIACERI DELLA VITA.Non una tristezza monotona a cui devono essere sottoposti i pazienti per essere puniti!
Dott. Antonio Pacella
Medico Chirurgo
Specialista in Scienza dell’Alimentazione
Medicina e Chirugia Estetica
Riceve a Sulmona, Pescara, Roma
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rubrica pubbliredazionale curata dal Dottor Antonio Pacella